domenica 11 dicembre 2011

Thinking Fellers Union Local 282 - Mother of all saints (1992)


Di stanza a San Francisco, ma originari dello Iowa, i Thinking Fellers Union Local 182* hanno dato vita ai tourbillon anarchici più eccitanti della recente storia dello sperimentalismo americano.
Mother of all saints è una serie di vignette lunari e variegate dove l'ardito impasto sonoro di chitarre, archi e percussioni rielabora e scombina qualsiasi stile (spesso all'interno dello stesso pezzo) non scadendo, tuttavia, nel disordine goliardico: tale potente eccentricità riesce, invece, a coagularsi in brevi tracce ben definite (quasi sempre sotto i cinque minuti). Largo uso dell'improvvisazione, fuori tempo, chitarre atonali, scarti improvvisi di melodia e ritmo, galoppate deliberate verso il nulla, sferragliamenti, vicoli ciechi, sovrapposizioni vocali formano l'universo non euclideo dei Thinking Fellers: i ventitré quadretti sono, perciò, brevi atti unici uniformati, come detto, dal tono sregolato. Talvolta affiora una canzone quasi canonica (Hive) o il semplice gusto dello sberleffo (Pleasure circle), ma ogni composizione (mai definizione fu più esatta) vive di vita propria e andrebbe analizzata separatamente: Tight little thing è un breve jazz slabbrato; Hosanna loud Hosanna è un cascame di lavorazione di Captain Beefheart; la quieta ballata Cistern viene ben presto risucchiata nei crescendo tipici dei Nostri e impreziosita dalla viola (strepitosa) di Hageman; Raymond H. è inaugurata da grida scimmiesche, poi evolve “riuscendo a tessere un ponte fra il bluegrass e le musiche esotiche, fra la musica d'avanguardia e Morricone” sino alla conclusiva orgia di percussioni; poi abbiamo la strepitosa Hornet's heart coi suoi coretti beffardi e gli archi vertiginosi; Hummingbird in a cube of ice (con reiterate false partenze e svolgimento quasi new wave), il girotondo di Gentlemens' lament, la viola di Infection, molto Velvet Underground - viola che domina anche la concitata Catcher; e poi il tono crooner di 1' tall interrotto da disastri noise, le sfasature da ubriachi di None too fancy con richiami finali alla zappiana Help I'm a rock ... Serve altro?
Se non fosse inutile, sarebbe divertente ricostruire le influenze e le paternità rintracciabili in poco più d'un ora di musica. Un pastiche memorabile, uno dei capolavori degli anni Novanta.

* Anne Eickelberg (voce, basso, percussioni); Brian Hageman (chitarra, viola, mandolino, percussioni); Mark Davies (voce, chitarra, basso, percussioni, banjo, corno, organo); Hugh Swarts (chitarra, tastiere, percussioni); Jay Paget (voce, percussioni)

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