giovedì 26 gennaio 2012

Melt Banana - Scratch or stitch (1995)


Scratch or stitch ovvero poco meno di mezzora per ventidue canzoni: una raffica di ventidue proiettili che stenderebbero Godzilla come un piccione.
Formati a Tokyo* da Yasuko Onuki e Ichirou Agata, furono ben presto sotto l'ala protettrice di Steve Albini a Chicago (per intermediazione di KK Null dei Zeni Geva, quelli di Total castration, tanto per capire a cosa si va incontro) dove realizzarono il loro primo album, Speak squeak creak. La terza opera, Scratch or stitch, è il loro apice sonoro: difficile, peraltro, capire cosa ci potrebbe essere oltre. A parte le meraviglie chitarristiche di Agata (che, grazie alla particolare tecnica affinata, a volte sembra davvero scratchare variando lo speed-noise di base con una sorta di hip hop nucleare) e la nervosissima sezione ritmica guidata da Rika, 'the goddess of bass guitar', è la voce di Onuki a caratterizzare compiutamente il sound del gruppo: una serie di gorgheggi brevissimi e acuti, fonemi scanditi alla velocità della luce su cui, spesso, la nostra bambola manga s'inceppa catatonica riempiendo davvero 'la cisterna vuota dell'insensatezza'**.
L'esiguità di alcuni episodi, che si risolvono in pochi secondi, accentuano il carattere franto dell'operina, un catalogo di schegge di vetro davvero difficili da trattare. Sick zip everywhere, Scratch or stitch, Iguana in trouble i gioiellini; non manca l'ironia (il finale di Eye-Q tracker) e il tono, iperbolico, è sempre divertente.
I Melt Banana possiedono anche un'altra straordinaria virtù: tendono a sparire, abbastanza repentinamente, dai programmi di upload. Bene affrettarsi, quindi.

  
* Yasuko Onuki (voce); Ichirou Agata (chitarra); Rika (basso); Toshinaki Sudoh (batteria). 
** C.E. Gadda, Teatro in La Madonna dei filosofi, 1931. In realtà Gadda dice: “Ogni faccia [degli attori nell'opera], maschera della follia, defecava la sua voce totale nella cisterna vuota dell'insensatezza”. L’odio dell’antitaliano Gadda per il melodramma nazionale. Curioso che tale sfogo facesse il paio con le devastazioni antioperistiche di Groucho Marx in Una notte all'opera (A night at the opera, 1935).

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