venerdì 30 marzo 2012

Can - Free concert (1972-1973)/Live in Stuttgart (1975)/Radio waves (1997; rarities 1969-1972)


Un concerto tenuto presso la loro città d’origine nel 1972 (Free concert, con l’aggiunta di un concerto europeo del 1973; con Damo Suzuki e tre brani da Tago Mago), un bootleg (registrato a Stoccarda, senza Damo Suzuki; due pezzi da Future days e Soon over Babaluma più due improvvisazioni di venti e trenta minuti) e una raccolta di rarità (Radio waves, anni 1969-1972, in cui spiccano i trentacinque minuti di Up the Bakerloo line with Anne, già proposto nelle loro BBC sessions) sono le posterule secondarie a cui accedere al magnifico tempio dei Can.
Come chiunque sa, si formarono a Colonia alla fine degli anni Sessanta: due maturi allievi di Karl-Heinz Stockhausen, il pianista Irmin Schmidt e il bassista Holger Czukay, l'altrettanto navigato Jaki Liebezeit (batteria, proveniente dal free-jazz), il più giovane Michael Karoli (chitarra, allievo a sua volta di Czukay) e l’afroamericano Malcom Mooney (che ideò il nome del gruppo) poi sostituito dal vagabondo giapponese Damo Suzuki, reclutato, per uno di quei miracoli artistici impossibili eppure reali, mentre i Nostri sorseggiavano un caffè presso un locale di Monaco.
Karl-Heinz Stockhausen, un nome che è l’avanguardia musicale del Novecento, perfezionista, esteta, allievo del grande Olivier Messiaen; Stockhasen, quello che teneva seminari per Grace Slick e Jerry Garcia e fu avvistato ad un concerto dei Jefferson Airplane: quelli furono tempi gravidi di possibilità - tempi in cui un pugno di crucchi maturati in questo brodo accademico, suggestionati dalle prime sperimentazioni rock e amanti degli influssi etnici (il capolavoro Canaxis 5 di Czukay è del 1968), potevano creare, con l’ausilio di un paio di sciroccati fuori sede, alcune delle opere fondamentali del secolo passato.
La loro produzione fu discontinua, altalenante e dispersiva: alcune gemme sono tuttora poco ascoltate. Rimangono, come i Faust, diversi da tutti, anche da quei corrieri cosmici che rappresentarono una delle più fulgide alternative al mainstream dei Settanta.
Impossibile definire univocamente il fascino del loro suono che vi costringerà a seguirli, con stupefatta ammirazione ed immutato piacere, anche nelle tracce più impegnative ed estese.
Non rimane che ascoltarli.

5 commenti:

  1. E se Jaki Liebezeit fosse il miglior batterista rock dell'epoca ? (..e non solo..)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In gioventù stravedevo per Billy Cobham e Keith Moon, poi per Pert-Portnoy, ora sono cresciuti nella mia considerazione proprio Liebezeit e Klaus Dinger che, peraltro, migliorano ascolto dopo ascolto. Anche Karoli e Czukay sono parecchio sottovalutati però.

      Elimina
  2. Che il free-concert del 72 sia lo stesso documentato video nel fantastico DVD che uscì qualche anno fa?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Esatto. Il file pubblicato credo, però, sia un bootleg del 1995 e contiene trenta minuti in più (Doko Daie concert del 1973) e forse qualche cosa in meno proprio del concerto del 1972.

      Elimina
    2. Certo ragazzi che il free concert è TANTA ROBA... un gruppo così "coeso" nella costruzione di textures ritmiche ipnotiche eppure tanto Rock! A me impressionano sempre (...e lo dice un fan degli Amon Duul...)

      Elimina