domenica 27 gennaio 2013

Nurse With Wound list vol. 23 (Ibliss/L'Infonie/International Harvester/Iskra/Island/Martin Davorin Jagodic)

NWW list vol. 23. Island

133. Ibliss (Germania) - Supernova (1972). Incroci psichedelici e jazz-rock fortemente ritmati (soprattutto per merito di Hammoudi, già con gli Organization): un impasto dal sapore fortemente Seventies. L’ultima traccia, la migliore, dai toni distesi e ammalianti, sfiora il liquido registro dei Popol Vuh. Basil Hammoudi, voce, flauto, percussioni; Wolfgang Buellmeyer, chitarra, percussioni; Norbert Buellmeyer, basso, percussioni; Rainer Buechel, flauto, sassofono; Andreas Homann, batteria, percussioni.

134. L’Infonie (Canada) - Volume 333 (1972). Free-jazz, progressive, improvvisazione, si susseguono felicemente in questo rimarchevole lavoro proveniente dal Quebec canadese. Provocazioni alla John Cage, progressive cerebrale di derivazione Canterbury, Beethoven, Zappa, concessioni all’elettroacustica (Boudreau è ammiratore di Stockhausen, Xenakis, Ligeti) compongono un pout-pourri inesauribile. Raôul Duguay, voce; Michel Lefrancois, chitarra; Yvon Trudeau, chitarra; Jacques Beaudoin, basso; Jacques Valois, basso; Gilles Henault, tastiere; Michel Gonneville, tastiere; Andre Pelchat, sassofono; Walter Boudreau, sassofono; Jean Grimard, sassofono; Pierre Daigneult, sassofono; Jacques Beaudoin, contrabbasso; Ysengourd Knörh, percussioni.

135. International Harvester (Svezia) - Sov-gott Rose Marie (1968). Gli International Harvester (il nome deriva da una fabbrica di macchine agricole statunitense) scaturirono dai Pärson Sound, una delle prime radici del progg finlandese, anticommerciale e libertario (non necessariamente riconducibile al prog continentale - una ‘g’). Gli Harvester reagirono ad una trasformazione della società scandinava in atto a cavallo fra i Sessanta e i Settanta tesa all’occidentalizzazione più convulsa (come si può desumere, ad esempio, dai gialli degli svedesi Maj Sjöwall e Per Wahlöö). Nell’album convivono sketch più immediatamente politici e vignette polemiche contro lo sviluppo capitalistico (The Runcorn report on Western progress) assieme a improvvisazioni di più ampio respiro: I mourn you (12’47’’) e le litanie How to survive (11’42’’) e Skördetider (24’59), echeggianti il minimalismo di Terry Riley, cui i Nostri pagheranno un tributo artistico nei lavori successivi. Bo Anders Persson, voce, chitarra; Thomas Tidholm, voce, corno; Arne Ericsson, violoncello; Urban Yman, violin; Torbjörn Abelli, basso; Thomas Gartz, batteria.

136. Iskra (Svezia) - Allemansrätt (1977). Reparto bizzarrie, ma non troppo: tribalismi (Den Ensamme Ciclysten), squittii alla Chipmunks, marcette vaudeville (Halte Kameraden), influssi mediorientali. Sfugge un senso unitario; a meno che questi non sia da ricondurre ad una ribalda anarchia. Iskra fu un giornale pre-rivoluzionario russo che vantò come redattore Vladimir Lenin. Allan Olsson, sassofono, oboe, flauto; Jörgen Adolfsson, sassofono, flauto, vibrafono, percussioni; Tuomo Haapala, basso, tromba, percussioni; Arvid Uggla, basso, tuba, percussioni; Sune Spångberg, batteria, percussioni.

137. Island (Svizzera) - Pictures (1977). Capolavoro indiscutibile del tardo progressive europeo. Tutte le sonorità pregresse del genere sembrano convenire nell’opera: Yes, Genesis, le architetture di Canterbury (lato Henry Cow, NWW21), anche se l’ascendenza più suggestiva è da ricercarsi nelle complesse introversioni dei Van der Graaf Generator. Il tutto vale solo come indicazione, però: la perizia strumentale e la miracolosa fluidità compositiva (per più di settanta minuti), ottenuta senza il ricorso a basso e chitarra, rendono gli Island unici. Benjamin Jäger proveniva dai Toad. Copertina storica di H.R. Giger, creatore di Alien. Benjamin Jäger, voce, percussioni; Peter Scherer, voce, basso, tastiere; Güge Jürg Meier, batteria, percussioni; René Fisch, voce, flauto, clarinetto, sassofono, triangolo.

138. Martin Davorin Jagodic (Jugoslavia) - Tempo furioso (Tolles Wetter) (1975). Pubblicato dall’italiana Cramps, il lavoro risente dell’influenza del concretismo francese; si compone di due lunghe tracce (20’08’’ e 21’58’’) in cui vengono allineati rumori da foresta pluviale, inquietanti interferenze elettroniche, estratti da radio e televisione, rumori di fondo interstellari, monologhi desolati. Il tutto avvolto in una atmosfera incombente da finis terrae. Da ascoltare.

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