martedì 3 dicembre 2013

Un film un disco vol. 5 - Richard O'Brien/Jim Sharman - The Rocky Horror (Picture) Show (1993; 4 CD set) 1^ parte/2^ parte


Quattro dischi quattro.
Il cd iniziale è il resoconto del Rocky Horror Show teatrale del 16 Giugno 1973, per la regia di Jim Sharman e le musiche di Richard O'Brien (un po' diverse - e a tratti migliori - rispetto alla pellicola del 1975); ci sono Tim Curry e Meat Loaf, ma il resto del cast (cast originale!) è sconosciuto a chi gustò il film: Abigale Haness nel ruolo di Janet (ottimo il suo Toucha toucha touch me), B. Miller (Brad), Kim Milford, Boni Enten, Bruce Scott, Jamie Donnelly, Graham Jervis.
Il secondo CD è la celeberrima soundtrack del film The Rocky Horror Picture Show che, oltre a Curry e Meat Loaf, contempla Richard O'Brien (Riff Raff), le imprescindibili Patricia Quinn (Magenta) e Little Nell Campbell (Columbia), oltre alla magnifica e ben popputa Susan Sarandon; a latere: Barry Bostwick (Brad), Peter Hinwood (Rocky), Jonathan Adams (Dr. Everett Scott) e il grande Charles Gray (il criminologo che indica, con sussiego, i passi del Time warp).
Il terzo disco colleziona tracce rockyane provenienti da tutto il mondo; il quarto inanella una serie, anch'essa imprescindibile, di rarità.
Inutile dare la trama di questo capolavoro della controcultura kitsch, opera buffa instancabile che passa di successo in successo da quarant'anni. Primo motivo del successo: The Rocky Horror è (davvero) un'incursione provocatoria contro il mondo del tradizionalismo sessuale, una scorribanda beffarda, anarchica e irriducibile a prese di posizione codificate o latamente politically correct; secondo: la carica eversiva The Rocky Horror risaltò in modo scintillante perché esisteva, maggioritaria, una cultura della repressione sessuale (oggi farebbe scandalo un film tenacemente eterosessuale e patriarcale); terzo: in mano alla produzione massiva globalizzata (con fiocco bipartisan), preoccupata di piacere un po' a tutti e di non offendere nessuno (a meno che non siano le sacche eterosessuali e patriarcali), il Rocky Horror finirebbe deprivato dalla sorgiva sincerità camp, dall'approssimazione registica, dall'afrore di produzione da serie B ("We could take in an old Steve Reeves movie"), dal retrogusto d'improvvisazione: in altre parole, finirebbe e basta: per questo molti, attraverso esso, rimpiangono un'età creativa più libera e imprevedibile; quarto: attori così, oggi, dove li ritrovi? Quinto: dopo decenni sono ancora indeciso fra Columbia e Magenta.

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