mercoledì 19 marzo 2014

Nurse With Wound list vol. 34 (Pataphonie/Jean François Pauvros & Gaby Bizien/Pere Ubu/Pierrot Lunaire/Der Plan/John Lennon-Plastic Ono Band)

NWW list vol. 34. Pere Ubu
Indice generale/General index


202. Pataphonie (Francia) - Pataphonie (1975). Ancora un attentato anticommerciale. Due lunghi strumentali: Pataphonie, 18’50’’ e Structure poubelle, 22’22’’; due improvvisazioni sommesse, ma inquiete: itinerari in cui l’ascoltatore (specie in Structure) fluisce lentamente cogliendo un mondo ricco di echi e rintocchi incantati. Da sentire. André Viaud, chitarra; Bernard Audureau, tastiere; Pierre Demouron, basso; Gilles Rousseau, percussioni.

203. Jean François Pauvros & Gaby Bizien (Francia) - No man’s land (1976). Si comincia con una bella aerofagia per trombone, poi si entra nel vivo dell’azione: improvvisazioni snervate per chitarra elettrica (quali sarebbero state partorite di lì a qualche anno alla corte della no wave americana, Arto Lindsay in testa) con sottofondo onnicomprensivo e terroristico delle percussioni di Bizien; quindi stasi; sibili ominosi; fiati mediorientali; e si ricomincia. Da sentire. Jean-François Pauvros, chitarra, tromba; Gaby Bizien, trombone, percussioni.

204. Pere Ubu (Stati Uniti) - Datapanik in the year zero (1978). EP capolavoro edito nello stesso anno di grazia di Dub housing e The modern dance. È rock, sicuramente: e della lega migliore. Eppure tale incedere, riconoscibilissimo e familiare alle orecchie di noi tutti (chitarre, sezione ritmica, tastiere), e addirittura piacevole per certi brandelli melodici che si acchiappano qua e là, convive, come l’anima e il corpo platonici, con una sensibilità straniante, aliena, psicopatica. Le vette sono Heart of darkness e 30 seconds over Tokyo; la quarta traccia, Untitled, diverrà The modern dance; Heaven anticipa, invece, pur nei toni più rilassati, Humor me. Da mandare a memoria. David Thomas, voce; Peter Laughner, chitarra; Tim Wright, chitarra, basso; Allen Ravenstine, tastiere; Scott Krauss, batteria.

205. Pierrot Lunaire (Italia) - Gudrun (1977). Opera dall’ispirazione tanto varia quanto contrastante. Il brano eponimo (11’30’’; più compatto nella versione inedita di sei minuti) è un pout-pourri che miscela arie rinascimentali, incongrui recitativi infantili, minimal music à la Terry Riley, incursioni stranianti della soprano Darby; Giovane madre lambisce territori Gong (con la Darby a gorgheggiare sbarazzina); non mancano momenti rilassati (Dietro il silenzio); altrove sembra d’ascoltare lacerti di Curved Air e Amon Düül e, forse, proprio di Schönberg, autore dell’autentico Pierrot. Derivazioni di levatura che non riescono a precipitare in un’unità emozionale coinvolgente. Belli, comunque, i singoli episodi. Jacqueline Darby, voce; Gaio Chiocchio, chitarra, mandolino, tastiere, sitar, zither; Arturo Stalteri, chitarra, tastiere, flauto, violino, percussioni Massimo Buzzi, batteria.

206. Der Plan (Germania) - Geri Reig (1980). Prima fatica del gruppo elettronico pubblicata sul fatidico crinale fra Settanta e Ottanta. A conferma dei più vieti simbolismi epocali: le radici sono nobili, ma la dispersione di talento operata dalla fine dell’impegno politico (non partitico!) genera frutti insapori. Alcune tracce non mancano d’interesse (Hans und Gabi), ma la profonda lucidità metafisica dei padri è vanificata dall’attitudine verso un pop dai limiti angusti (facilmente confondibile con decine di prodotti coevi). I richiami al fascino obliquo della malattia (Ich bin Schizophren, Gefaehrliche Clowns/Manische-Depressiv), una volta naturalmente immanenti alla musica germanica kraut, non trascendono, purtroppo, il superficiale ammicco. Frank Fenstermacher, Moritz R, Pyrolator, elettronica.

207. John Lennon/Plastic Ono Band (Gran Bretagna) - John Lennon/Plastic Ono Band (1970). Il White album dei Beatles senza l’ingombro di Harrison e McCartney. Coesistono l’afflato populista di Power to the people e Working class hero, prodotti DOC come Well well well e Love, song scorticate dal rock come Do the Oz, ciarpame glicemico, ma anche eccezionali estroversioni come God e Mother, suoi indiscussi vertici compositivi. Yoko Ono, come di consueto, non fa nulla, si accaparra meriti non suoi e sovraintende al tutto dietro le quinte, con impassibile e manipolatore sadismo levantino. Doveroso l’ascolto, anche per i detrattori dei Bitolz. John Lennon, voce, chitarra, tastiere; Yoko Ono, fiati; Klaus Voormann, basso; Ringo Starr, batteria.

1 commento:

  1. Quante belle cosette d'oltralpe riserba la NWW list. Non credevo che la scena francese fosse così fertile. Anche questo disco di Pauvros e Bizien è molto interessante.

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