mercoledì 29 gennaio 2014

Pyramids - Lalibela (1973) ovvero come intendere ex novo il blues



Lalibela, un disco eccezionale. Jazz etnico. Influssi del percussivismo africano, poliritmi; e, soprattutto, una fluvialità free form (due brani, Lalibela, 27’51’’ e Indigo, 17’10’’) che invita al risveglio quelle comuni e serpentine pulsioni ancestrali sopite sotto il derma, sottile e recente, della cultura.
Ma Lalibela è anche un capolavoro blues …
Dobbiamo definire il blues?
Secondo me è necessario. Non per averne un concetto giusto; o accademico. Solo per capire di cosa parliamo. Per comprendere cosa non è blues.
Ho letto Leroy Jones, e La musica del diavolo e i trattati di Alan Lomax e, al di là della meritoria ricchezza dei testi e delle ricerche effettuate, musicali e culturali, ne sono rimasto un po’ sbalestrato. Non riuscivo a cogliere l’essenza profonda. Oltretutto l’esame del blues (del fenomeno afroamericano del blues) mi sembrava riduttivo.
Così ho raffinato una personale gerarchia di concetti che, per me ovviamente, definiscono il blues. Un blues internazionale, onnicomprensivo, ed esclusivo. Onnicomprensivo perché include anche il blues afroamericano (e anche parecchio jazz, come Lalibela); esclusivo poiché esclude certe concrezioni sonore che, pur apparentemente blues, ne sono estranee.
1. TRADIZIONE. Sì, il blues è nel sangue. Immediato. Cola giù dagli antenati. Ce lo portiamo appresso. È prima dell’accademia. È la terra; un gesto che conserva la storia. Attraverso esso possiamo capire un popolo. È musica, ovvero un concetto senza parole.
2. IL BLUES OPERA IN TERRA STRANIERA. Quasi sempre un canto dell’esule. I neri americani, gli immigrati. I canti degli italiani immigrati; degli europei immigrati in America ad esempio nordici, irlandesi, ebrei, est europei: sono blues. I canti degli Americani bianchi costretti a emigrare durante la Depressione sono blues. Seeger e Guthrie sono blues. È blues anche il canto di chi rimane straniero nella propria terra: Aztechi, Incas, Guaranì; Tibetani, Palestinesi.
3. IL BLUES APPARTIENE AGLI SCONFITTI. Gli sconfitti dalla storia: indios, africani, culture schiantate dal capitalismo di rapina. Il blues, spesso, è canto di nostalgia declinato con linguaggio non proprio. Garcilaso de la Vega ha scritto poesie blues in cui rievocava con nostalgia i propri antenati Inca: le ha scritte in spagnolo, però. Leadbelly in inglese. I brasiliani in portoghese. I vietnamiti in francese. Molte volte si è blues senza saperlo. Dai canti blues, scritti nella lingua dei conquistatori, traspare la cultura del sangue, antica e inestinguibile.
4. IL BLUES ALL’OPPOSIZIONE. Contro il potere, inevitabile. Se passa al campo avverso, compiacendosi, non è più blues. Sarà un’altra cosa, pur bella, ma un’altra cosa. Attenzione! Non ne sto facendo una questione estetica. Steve Ray Vaughan, Gary Moore, Eric Clapton e compagnia sono bravi, bravissimi, ma non sono blues.
5. IL BLUES È ANTISPETTACOLARE. Non va in televisione. È retrogrado. Non va su facebook, twitter e non si lascia registrare dalla Virgin. Non perché sia snob, ma perché individua da subito il nemico. Al massimo, come detto, si serve della lingua e dei costumi dei conquistatori e dei tiranni, ma solo perché questi hanno distrutto e disperso la sua cultura.
Attraverso questo setaccio si opera un filtro da cui si ottengano risultati bislacchi, ma originali.
I bluesman afroamericani degli anni Dieci son blues, va bene. Anche molti jazzisti, come detto, sono blues. Non è un fatto razziale, però. Guthrie è più negro di Obama, secondo me. I canti tradizionali sono blues. La world music mainstream no. Una lavandaia italiana che canticchia è blues, certe blues singers leccatissime no, anche se blueseggiano a tutto spiano. Le jug band sono blues, il Live Aid no, anche se canticchiavano per l’Africa. Il talking blues bianco è blues. Il rap disco di Afrika Bambaata è blues; Snoop Dogg no. I tamburi rituali giapponesi buddisti sono blues; Haino è blues; i Rolling Stones e i Led Zeppelin no. Leadbelly è un ignorante e un assassino, ma è blues; BB King che suona con gli U2 no. Hendrix è blues, la disco music nera no. Eduardo Galeano è blues; i Blues Brothers no. E così via … Antonio Ligabue e van Gogh sono blues, Mario Schifano e Magritte no, Rino Gaetano sì, i bluesman italici con chitarra e l’armonica blues no, Pete Seeger sì, Springsteen no, Garrincha sì, Messi no, il cappello a larga tesa e i jeans attillati disegnano signorine blues, i tailleur no, Casablanca sì, Titanic no, i Creedence sì, i Manhattan Transfer, Al Jarreau e Aretha Franklin grassa e nababba no.

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